Ecco la VERA storia di Cenerentola...pardon, di Cenerantola.
Buona lettura a tutti...ma se siete affezionati alle favole che vi leggevano da bambini, vi sconsiglio di andare oltre! ;-)))
Fab.
C’era veramente una volta, tanto tempo fa in un mondo fantastico ed incantato, una fanciulla di nome Cenerantola.
Cenerantola era molto bella: occhi azzurri come le acque cristalline e pure di un lago di montagna; le labbra sottili e morbide, di un rosa invitante. I capelli d’oro, lunghi fino a massaggiare quasi interamente la schiena sinuosa e lisci come la seta più pregiata. Lo sguardo dolcissimo, traboccante di bontà ed il corpo ancora acerbo di un’adolescente, eppure già molto affascinante e seducente.
Cenerantola era tanto bella quanto sfortunata, purtroppo: viveva in un grande castello ai margini del regno.
La madre mai conosciuta ed Il padre, morto di scarlattina qualche anno addietro, l’aveva lasciata in balìa della matrigna e delle due sorellastre, che non facevano altro che vessarla ed umiliarla giorno dopo giorno, relegandola al ruolo di sguattera, cuoca ed imponendole le mansioni più faticose e difficili.
Entrambe invidiose della sua incredibile bellezza, le sorellastre non perdevano occasione di schernirla anche di fronte agli ospiti che frequentavano il castello e la matrigna non mancava mai di ricordarle che era soltanto grazie alla loro generosità se lei poteva ancora usufruire di vitto e alloggio, se così si potevano considerare un piccolo angolo nella soffitta ed un paio di frugali pasti al giorno, fatti dagli avanzi dei pranzi e delle cene che lei stessa preparava.
Ogni giorno, Cenerantola piangeva nel buio della sua squallida prigione, sperando che il suo incubo potesse finalmente avere fine e che anche la sua vita divenisse una favola come aveva sempre desiderato.
Nelle lacrime di Cenerantola brillava ancora la speranza di conoscere un principe che potesse innamorarsi di lei: un giovane e ricco nobile che avesse la capacità di guardare oltre i vestiti sporchi e stracciati e l’aspetto sciatto. Qualcuno che potesse andare al di là del viso ormai stanco e frustrato e venisse rapito dai suoi occhi al punto da innamorarsi perdutamente e portarla via dall’inferno nel quale galleggiava ed in cui avrebbe, prima o poi, finito per sprofondare.
Ma era una speranza che si faceva più lontana ogni giorno che passava, purtroppo: una speranza schiacciata dalle angherie delle sorellastre e dalla fredda indifferenza della matrigna, troppo indaffarata a procacciare mariti per le due piccole streghette che aveva osato mettere al modo e che erano certamente più brutte di un rospo di palude. Nessuno ad aiutare la povera Cenerantola, nessuno ad asciugare le copiose lacrime, nessun principe a bussare alla lurida porta della soffitta per avvicinarsi e darle un bacio, sussurrandole la fine delle sue pene.
Non avrebbe resistito ancora a lungo...non avrebbe mai potuto sopportare ancora.
Una notte, però, nel buio e nell’umido del suo giaciglio, una luce azzurra ed intensa, apparsa dal nulla, la svegliò e la spaventò.
Un piccolo globo rotante di fronte a lei che si fece sempre più grande fino a comporre la forma di una fata dall’aspetto simpatico, forse un po’ troppo sovrappeso.
“Chi sei tu?” chiese timidamente Cenerantola, ancora spaventata.
“Mia dolce Cenerantola. Non devi avere paura. Io sono la fata Mammina e sono qui per aiutarti.” Rispose la benevola apparizione, sfoggiando un sorriso rassicurante che tranquillizzò la sfortunata ragazza.
“Mi porterai via di qui?” le domandò Cenerantola, colma di fiducia.
“Purtroppo non posso. Ma sappi, dolce Cenerantola, che, tra qualche giorno, un giovane principe arriverà in città assieme alla sua famiglia ed alla sua corte. Ci sarà una grande festa e si terrà un bellissimo ballo durante il quale il giovane potrebbe innamorarsi di una splendida ragazza e decidere di farla sua sposa. Quella fanciulla potresti essere tu, piccola mia!”
“Oh, fata Mammina! Sarebbe stupendo! Sarebbe tutto ciò che ho sempre desiderato ma come posso riuscire a realizzare questo bellissimo sogno? Guardami anche tu: non mi farebbero mai entrare a corte con questi vestiti e con il mio aspetto vergognoso. Ed anche se avessi una possibilità, sono sicura che la mia matrigna e le mie sorellastre mi impedirebbero anche solo di mettere il naso fuori di qui. Probabilmente, mi chiuderebbero a chiave nella soffitta fino a quando il ballo non sarebbe terminato ed il baldo principe non avrebbe già fatto la sua scelta. Sono certa che anche loro ambiscono a tanta ricchezza e splendore e faranno qualsiasi cosa per riuscire nel loro intento.”
“Questo è vero ma racchie come sono, non avranno una chance nemmeno per sbaglio. Tu puoi essere la prescelta, Cenerantola...ma devi affrettarti e fare la tua scelta: ci sono mille cose da fare se vuoi inseguire le speranze che ti hanno tenuta in vita sino a questo momento!”
“Oh, ti prego, dolce fata! Fai un incantesimo che possa donarmi il più elegante degli abiti. Poni la tua bacchetta magica sul mio capo in modo che possa donarmi ancora la bellezza che i massacranti lavori al castello hanno soffocato e rovinato! Aiutami, ti prego!”
“Mia piccola Cenerantola: vorrei tanto poterti aiutare ma non mi è permesso. I miei poteri non sono così grandi come vorresti. Io sono soltanto un sogno, mia dolce fanciulla! Un’incarnazione dei tuoi desideri e dei tuoi sogni. Ma i sogni possono trasformarsi in realtà, piccola mia! Solo tu, nel tuo cuore e con la tua forza, puoi avere la possibilità di concretizzarli e sono sicura che sai anche come. Questa può essere la tua ultima opportunità di afferrare la felicità che hai meritato da sempre e che sempre ti è stata negata dalle arpie che dormono ai piani di sotto! Non avere paura di seguire ciò che pensi, Cenerentola: perché è la sola cosa che ti può rendere libera e può far sì che il principe sia solo tuo. Per sempre tuo. Pensa attentamente a quello che ti ho detto ma non pensare troppo: agisci! Insegui i tuoi sogni e rendili realtà! Addio!
“No! Fatina, ti prego aspetta! Non mi lasciare sola! Resta con me!”
Troppo tardi: così com’era apparsa, la fata Mammina tornò ad essere un globo celeste splendente ed anche questo si dissolse in un lampo, rigettando la soffitta nel più tetro buio e lasciando che il fetore della muffa che si arrampicava sulle pareti, invadesse ancora il delicato naso sottile di Cenerantola, riportandola nella triste normalità e convincendola che si trattasse, effettivamente, solo di un sogno.
Quel nauseabondo aroma, tuttavia, ebbe il potere di scuotere i pensieri e la mente della fanciulla, inducendole infine a prendere la decisione tanto attesa. Per quanto fosse stato un sogno, la fata aveva ragione da vendere e le sue sagge parole rimbombavano ancora tra le pareti dell’indegna dimora della giovane schiava.
Insegui i tuoi sogni! Rendili realtà!
Questo era tutto ciò che doveva fare. Che andava fatto.
Notte fonda.
L’intero castello immerso nell’oscurità e le tre megere nel sonno più profondo. Il loro sonoro russare lo confermava senza alcun dubbio. Avvicinatasi pian piano alla stanza della matrigna, Cenerantola scostò leggermente la grande porta fino ad entrare di soppiatto; pochi passi felpati per raggiungere il letto a baldacchino, sul quale la vecchia dormiva pesantemente, gli occhi coperti da un’assurda mascherina da notte argentata, una crema puzzolente spalmata sulle guance raggrinzite ed un mare di bigodini infilati nei capelli grigi, con il compito di proteggere la permanente, così generosamente chiamata.
Cenerantola si fermò accanto a lei, fissandola con gli occhi azzurri che penetravano l’oscurità della stanza: dalla bocca spalancata della matrigna, colava uno schifoso rivolo di bava.
Quanto la odiava! Quanta rabbia provava nei confronti di quella maledetta donnaccia che l’aveva trattata peggio di una scrofa! Per anni!
Solo in quel momento, Cenerantola si rese conto di tutto il furore che nutriva per quella serpe dalle sembianze quasi umane. Mai una scelta poteva essere più giusta. Mai una decisione poteva essere più oculata.
La paura di ciò che stava per fare era scomparsa come per incanto e la forza d’animo si era fatta via via più intensa. Cenerantola alzò al cielo la pesante e voluminosa mannaia da cucina, la cui lama brillò per un momento alla luce della luna che filtrava dalla finestra alle sue spalle. Rise quasi malignamente prima di abbatterla con forza nel cuore della miserabile donna.
Nessun grido: solo una orribile smorfia di dolore ed il rivolo di bava risucchiato dalla bocca, in un ultimo, disperato sospiro spezzato.
E sangue. Tanto tanto sangue ad imbrattare le lenzuola ed il comodino in legno di ciliegio.
Un secondo colpo, dato con più forza e più convinzione: la lama si conficcò bene dentro l’addome, sfoggiando un suono disgustoso ed umido di budella spiaccicate, prima di sollevarsi ancora e di infierire di nuovo nel corpo vecchio e morbido. Un colpo al collo, un altro alla spalla destra, poi un altro ed un altro ancora: l’odio accumulato per troppo tempo andava affievolendosi dopo ogni affondo, lasciando il posto alla stanchezza ed al senso di benessere e serenità poiché la prigione era stata abbattuta ed i suoi desideri si stavano davvero realizzando.
Il grande letto gocciolante di sangue...le membra sparse un po’ ovunque e le pareti vicine dipinte di un rosso che la notte figurava nero, come inchiostro impazzito. La maschera da notte leggermente spostata a far trapelare una pupilla dilatata ed uno sguardo stupito e dilaniato come il corpo; l’assassina felice in piedi, a godersi lo spettacolo. La mannaia ancora stretta in mano, grondante di brandelli di carne.
Finalmente libera! Finalmente felice!
No, non ancora: mancavano le altre due.
Ancora più divertente uccidere le due sorellastre nel sonno: decapitarle con un colpo secco e vedere la fontana rossa imbrattare i cuscini fu uno spettacolo davvero curioso ed ironico ed ancor di più fu soddisfare la curiosità di scambiare le due teste e porle sul collo del corpo altrui. Un effetto strano ma certamente erano comunque orrende anche con la testa scambiata.
Adesso, Cenerantola era davvero una ragazza libera. La fata Nonnina aveva ragione; ora doveva solamente occuparsi di dettagli che non potevano essere trascurati; ridurre a piccoli pezzi i tre cadaveri tutta sola non fu certo un lavoro facile e di poca fatica: non avrebbe mai pensato che le ossa umane potessero rivelarsi tanto resistenti.
Ci volle quasi tutto il resto della notte per finire il lavoro e quando il sole spuntò timidamente all’orizzonte per dare il benvenuto alla nuova e propizia giornata, la fanciulla aveva terminato l’ultima fatica che la vedeva protagonista all’interno di quel maniero tanto detestato.
Cenerantola era esausta ma c’era ancora molto da fare: anzitutto, doveva pulire sé stessa da tutto il sangue e levarsi di dosso l’insopportabile puzzo delle tre megere. Quindi avrebbe dovuto scegliere il vestito più bello ed i gioielli più preziosi; acconciarsi alla perfezione la chioma dorata e truccarsi per apparire ancora più bella ed attraente di quanto già non fosse.
Certo, avrebbe dovuto fare tutto da sola ma era la cosa che aveva sempre desiderato e che ora poteva realizzare senza alcun ostacolo; dal canto loro, i ratti parlanti della soffitta, da sempre amici consolatori della sfortunata ragazza, erano ben lieti di gioire della vittoria della loro beniamina ed anche di cibarsi dei resti delle viscide padrone di casa, senza essere affatto schizzinosi.
Il bagno caldo ed i profumati aromi dei sali orientali, sciolti nell’acqua, la ritemprarono. Si concesse un riposo nel letto a baldacchino della matrigna, prima di prepararsi e di convincere il cocchiere di famiglia a condurre la carrozza che l’avrebbe portata prima in città e poi a corte. Non fu difficile d’altronde: l’uomo, da sempre innamorato della giovane, le concesse i suoi servigi in cambio di una serie di carezze al seno sodo e morbido ed un paio di lunghi baci sulle labbra, con la promessa che presto avrebbe avuto qualcosa di molto più sostanzioso. In quel momento, il vetturino non avrebbe mai pensato di finire in una palude lungo la strada, con la gola tagliata: utile portare ancora con sé la mannaia e disfarsene gettandola nelle acque melmose assieme al corpo.
Fu un ballo meraviglioso: il primo ma anche il più bello di tutta la sua vita.
Bella e sorridente come una vera principessa, Cenerantola venne notata subito dal giovane principe, che la concupì tra tutte le altre dame; ballarono stretti nel centro dell’enorme salone, adornato a festa, per almeno due ore, ammirati da tutti i presenti.
Non cessarono mai di guardarsi negli occhi e di scambiarsi profondi sorrisi innamorati, preludio di un legame che spingeva prepotentemente per poter emergere. Anche il Re stesso non avrebbe potuto desiderare nuora più bella.
Ed il costante brillare delle scarpette di cristallo, sottratte all’ampio guardaroba della matrigna, che di bello aveva solo i piedi, rapirono l’attenzione sia del giovane erede al trono che della maggior parte degli invitati, senza mancare di suscitare una certa invidia nelle pretendenti rimaste a bocca asciutta.
Era fatta: il coronamento del suo sogno d’amore e la realizzazione del sogno più bello. La piccola Cenerantola si guadagnò meritatamente la sua felicità: d’altronde, aveva compiuto notevoli sforzi per ottenerla: eliminare le tre arpie era stato ancora più faticoso che affrontare un dragone! E certamente le racchie avevano un alito molto più pestifero!
Molto presto, i due giovani si sposarono e la prima notte di nozze, le ottime doti amatorie della fanciulla poterono fugare qualsiasi altro dubbio, se mai ce ne fosse stato ancora qualcuno, dalla mente del principe, riguardo la sincerità del suo sentimento nei confronti della giovane moglie che così sorprendentemente, l’aveva conquistato e fatto suo per sempre.
Al pranzo di nozze non mancarono Bianconaso, stretta al suo principe e freschi di nuova ricchezza, dopo che lei ebbe avvelenato i sette tappi per impadronirsi della miniera di diamanti: quei piccoli mostriciattoli non sospettarono nulla e si accorsero di essere stati tremendamente sciocchi solo nel momento della loro morte.
Cappuccino Arrossato arrivò in compagnia di Ezecchino Lupo, con il quale ebbe stretto un patto per eliminare nonna e madre e divenire padrona di ben due proprietà e del terreno circostante.
Tanti altri festeggiarono la felicità di Cenerantola, quel giorno e si rallegrarono della sua gioia: lei stessa, nella sua mente, vide la fata Mammina ammiccarle in segno di approvazione.
L’unico assente giustificato fu Re Arturo, impegnato ad apprendere ogni tecnica di magia nera dalla scrupolosa Maga Macchè, divenuta la sua prima consigliera, dopo aver sconfitto ed ucciso il Mago Martino nel duello di magia che li vide protagonisti; d’altronde, per governare un regno intero, la prima regola è quella di incutere timore ad ogni suddito dello stesso ed il terrore è certamente l’arma migliore e la più affidabile.
Un pranzo meraviglioso: una festa indimenticabile.
E vissero tutti (O quasi…) felici e contenti.
FINE